Del decreto cosi detto : ” salva Milano ” si sa che sia stato presentato alla Camera con successo e che adesso attende il “via” dal Senato. Un decreto che sta agitando la Milano civica oltre che quella politica. La motivazione è molto comprensibile sotto le diverse declinazioni, generando anche spazi di dibattito in altri settori rispetto all’evidente settore delle costruzioni o; per meglio dire, del Real Estate. Milano è oggi una città di conquista, in cui gli investitori stranieri, per lo più grosse Finanziarie estere,si contendono le aree rese disponibili dall’Amministrazione Pubblica, evidentemente impegnata in una campagna di capitalizzazione del territorio urban. Il decreto interessa particolarmente l’area delle ristrutturazioni, nella quale si assiste a operazioni di demolizione di ex-aree industriali o residenziali, per dare spazio a nuove costruzioni spesso aventi la stessa superficie o inferiore, ma altezze molto diverse fino a vere torri di oltre 10 piani. Queste operazioni accolte dai più come rigeneratrici di zone o quartieri di periferia (ma anche del semi-centro), venivano autorizzate con procedure semplificate, quando invece si doveva osservare una procedura molto più articolata, nella quale erano incluse tutte le indagini di compatibilità relativamente all’aumento della popolazione rispetto ai servizi , scuole, sistemi di trasporto urbano ecc. Va detto che spesso questi interventi erano e sono di ordine immobiliare privato, in cui gli aspetti sociali venivano e vengono ignorati nella maggior parte dei casi. Si assiste a una vera e propria derega di essenziali controlli sulla compatibilità e sui bisogni veri dei quartieri, a favore di operazioni immobiliari che portano solo a grossi guadagni dell’investitore e rivalutazioni del valore assolutato di una città che può vantare nuove zone da mettere a reddito, quasi mai a favore dei bisogni dei cittadini residenti o transitori con stipendi medio-bassi. Su questa politica espanzionistica del costruire e capitalizzare, si basa il modello Milano, studiato a tavolino e messo in atto con un teorema molto semplice: rendere Milano, una città ” a la page”, appettibile per benestanti e classi agiate, oltre che per i grossi investitori, allo scopo di alzare il valore assoluto come se fosse un’Azienda, escludendo o disincentivando chiunque non rientri nel clichè del cittadino milanese indicato da chi gestisce la strategia dominante. Con l’intervento della Magistratura su basi di abusi e irregolarità, il Comune di Milano è stato messo sotto accusa ed in particolare l’Assessorato competente e i Funzionari adibiti a dare il permesso a procedere, tuttavia rispondenti al primo cittadino, il Sindaco di Milano Giuseppe Sala. Si assiste a una disarticolata reazione dello stesso primo cittadino, il quale impone l’approvazione a suon di minacce di dimissioni se non venisse approvato il Decreto in Senato, con forti pressioni sul partito di riferimento: il PD. Probabilmente il Decreto verrà approvato anche in funzione di una stabilità economica di un’intera Nazione che ha in Milano un punto di sostegno fondamentale. Una Milano che va sempre di più verso una classe di cittadini agiati e che attira orde di malviventi e disagiati economici in cerca di sostentamento attraverso il crimine ad ogni livello fino al fenomeno delle Baby Gang. La prospettiva sembra essere poco promettente per i milanesi storici, i quali si vedono disconosciuti e anzi penalizzanti fino a innescare l’esclusione e l’inevitabile alienazione, antitesi di un allontanamento fisico per fare posto al cittadino ideale, en passant, giusto il tempo di fare affari.